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Lavoro sportivo: cosa vivono davvero le ASD oggi

Opinioni sulla riforma del lavoro sportivo

C’è una cosa che tutte le società sportive si sono sentite chiedere almeno una volta negli ultimi mesi:
“Avete sistemato i contratti?”

Una domanda semplice, quasi banale.
Ma dietro quella frase si nasconde una rivoluzione che ha cambiato – spesso in silenzio – il lavoro quotidiano di chi tiene in piedi lo sport dilettantistico in Italia.

La riforma del lavoro sportivo non è rimasta sulla carta. È entrata nei file Excel, nelle chat con il commercialista, nei confronti tra dirigenti, allenatori, collaboratori.
Ha portato nuove regole, nuovi obblighi, nuove parole. E con loro, un peso non indifferente: la sensazione costante di dover fare tutto bene, senza sapere esattamente come.

Per capirci qualcosa di più, abbiamo fatto quello che facciamo sempre: ascoltato.
Abbiamo chiesto alle ASD e SSD cosa pensano davvero del nuovo inquadramento, come lo stanno vivendo, cosa li ha messi in difficoltà e cosa – se qualcosa – li ha aiutati.

Il risultato? Nessun bianco o nero. Ma tante sfumature. Tanta fatica. Tanta voglia di fare bene, nonostante tutto.

La riforma? Andava fatta, ma così ha creato più problemi che soluzioni

Quasi nessuno ha detto che il cambiamento fosse inutile.
La maggior parte delle società riconosce che era necessario “mettere ordine” nel mondo del lavoro sportivo.
C’è chi parla di “giungla” di collaboratori non dichiarati. Chi dice che finalmente si è data dignità a figure troppo spesso invisibili.

Ma riconoscere la necessità non significa accettare il modo.
E su questo, il messaggio è stato forte e chiaro: la riforma è arrivata troppo in fretta, troppo dall’alto, troppo fuori contesto.

“Abbiamo messo ordine in una giungla… ma abbiamo anche affondato le piccole ASD non in grado di gestire tutta questa burocrazia.”

Le critiche più frequenti riguardano la mancanza di ascolto da parte delle istituzioni, i tempi sbagliati, i continui cambi in corsa. Alcuni ci hanno raccontato di contratti già firmati prima che venissero chiarite – e in certi casi cambiate – le soglie economiche da rispettare, soprattutto per i rimborsi ai volontari.
Altri hanno dovuto rifare tutto da capo dopo che una circolare o una FAQ aveva cambiato le carte in tavola.

C’è anche chi si è fermato a riflettere sul vero impatto sui lavoratori.
In molti casi, l’inquadramento obbligatorio ha generato effetti collaterali paradossali: doppie posizioni INPS, perdita del diritto alla cassa integrazione, assenza di copertura reale.

“È giusto regolamentare. Ma se chi prende 200 euro al mese si trova con più problemi che vantaggi, allora forse qualcosa non ha funzionato.”

I dubbi delle società: incertezza continua, paura di sbagliare

Quando abbiamo chiesto alle società sportive se hanno mai avuto il dubbio di fare qualcosa “nel modo sbagliato”, la risposta più diffusa non è stata un sì.
È stata: “Ogni giorno.”

Il nuovo inquadramento dei collaboratori sportivi, per molte ASD, ha significato una cosa sola: insicurezza costante.
Non sul concetto. Ma sulla pratica.

Come si calcola il compenso se le presenze cambiano?
Chi deve essere registrato?
Serve un contratto anche per chi fa due ore al mese?
Si può correggere un errore nel RASD senza ricevere una sanzione?

Domande semplici, che però non trovano risposte semplici.
Il risultato è che il 56% delle società ha dichiarato di vivere dubbi costanti o senso di incertezza.
E tra le più citate c’è una preoccupazione ben precisa: la paura di essere sanzionati anche quando si agisce in buona fede.

“Ogni volta che dobbiamo predisporre un contratto, non sappiamo mai se è davvero corretto.”
“Abbiamo paura di una PEC che arrivi all’improvviso e ci dica che abbiamo sbagliato qualcosa.”

Questa sensazione, che emerge in quasi due terzi delle risposte aperte, non viene alleggerita nemmeno dalla presenza di consulenti.
Anzi, il 7% delle società ha scritto apertamente che tante volte nemmeno i professionisti a cui si sono rivolti hanno saputo rispondere in modo chiaro.

“Ci siamo affidati a uno studio. Ma nemmeno loro ci hanno dato certezze.”

E qui arriva uno degli aspetti più delicati di tutta la questione: anche chi vuole rispettare le regole si sente vulnerabile.
Perché le regole, così come sono scritte, lasciano spazio a dell’interpretazione.
E nel dubbio, chi gestisce una ASD si trova spesso a dover scegliere tra fermare un’attività, fare finta di niente, oppure andare avanti con la paura di sbagliare.

Non è solo una questione di burocrazia.
È una zavorra che pesa sul campo, sulle relazioni, sull’energia da mettere nello sport.
E in tanti ci hanno detto che, a furia di sentirsi sbagliati, anche la motivazione inizia a scendere (e questo non deve succedere).

grafico sulle principali paure delle società sportive in seguito alla riforma del lavoro sportivo

Cosa chiedono davvero le società: meno teoria, più strumenti

Quando abbiamo chiesto cosa manca oggi per gestire al meglio il lavoro sportivo, non sono arrivate risposte vaghe.
Non ci hanno parlato di “strategie” o di “ecosistemi integrati”.
Ci hanno detto cose semplici. Ma chiarissime.

“Un contratto pronto, che non devo scrivere da zero.”
“Un software che mi faccia fare tutto senza doverlo rifare su Sport e Salute.”
“Uno strumento dove inserisco un dato una volta e lui mi genera tutto il resto.”

Abbiamo letto centinaia di risposte diverse. Ma dopo un po’, sembrava sempre di leggere la stessa cosa.
Le società vogliono smettere di perdere tempo. Vogliono smettere di vivere nel dubbio. Vogliono iniziare a lavorare bene.

Ecco cosa è emerso, in numeri:

  • Il tema più citato è quello dei modelli di contratto chiari, adattabili alle varie figure (istruttori, dirigenti, tecnici, massaggiatori…).

  • A seguire, la richiesta di un software che faccia tutto, senza obbligare a duplicare le operazioni tra gestionale e portale esterno.

  • Il bisogno di integrazione con il RASD è altissimo: molti dicono di dover “caricare più volte le stesse informazioni”.

  • C’è anche un tema fiscale: la possibilità di calcolare in automatico i limiti, generare CU, sapere chi è a rischio di sforamento. Tutto da un’unica interfaccia.

Molte società raccontano situazioni in cui usano 2 o 3 strumenti diversi per fare una sola cosa.
E ogni passaggio in più non è solo tempo perso: è una potenziale occasione di sbagliare.

“Utilizzare più software per una cosa che potrebbe fare uno è una spesa inutile e una perdita di tempo.”

C’è fame di semplicità. Non semplicità banale. Semplicità intelligente.
Quella che nasce da chi ha ascoltato davvero i problemi e ha tradotto la normativa in azioni pratiche.

grafico sulle richieste più frequenti delle società in ottica riforma del lavoro sportivo

Perché la somma delle percentuali supera il 100%?

Perché ogni società poteva esprimere più di un bisogno contemporaneamente.
Nel sondaggio, alla domanda “Cosa ti manca oggi per gestire bene il lavoro sportivo?”, non si chiedeva di scegliere un solo elemento. Le società hanno spesso risposto indicando 2, 3, anche 4 esigenze diverse, tutte legittime e complementari.
Quindi, le percentuali che vedi nel grafico non rappresentano una suddivisione esclusiva, ma indicano la frequenza con cui ciascun bisogno è stato citato sul totale delle risposte.

Conclusione

Il nuovo lavoro sportivo, come è stato pensato, poteva essere un’occasione.
E in parte lo è. Ma non può funzionare se resta in mano solo a chi scrive le leggi.

Le società non chiedono meno regole. Chiedono regole comprensibili.
Non chiedono di aggirare i controlli. Chiedono strumenti per lavorare bene senza paura.
Non vogliono aiuti straordinari. Vogliono routine sostenibili.

Golee non risolve tutti i problemi.
Ma ha scelto da che parte stare: dalla parte di chi ogni giorno vuole fare le cose per bene, ma si trova con pochissimo tempo, troppe scadenze e nessuno che gli dica “va bene così”.

Ecco perché ascoltiamo. Ecco perché costruiamo.
Ecco perché abbiamo creato anche uno spazio di consulenza fiscale e del lavoro, pensato per rispondere alle domande vere, non solo alle leggi scritte.

Perché il futuro del lavoro sportivo si gioca nelle segreterie, nei file da inviare, nelle decisioni prese alle 22 dopo cena, non nei comunicati ufficiali.

Sommario

Altre risorse utili

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Concentrati di più sullo sport e meno sulla burocrazia.