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Riconoscere e intervenire in situazioni di rischio per minori nello sport

Riconoscere i segnali di disagio: il primo passo per proteggere

Uno degli aspetti più delicati del safeguarding è la capacità di riconoscere in tempo segnali di disagio nei giovani atleti. Spesso, i minori non riescono o non vogliono esprimere a parole ciò che stanno vivendo, ma il loro corpo e i loro comportamenti possono parlare molto chiaramente.

Alterazioni improvvise nel rendimento sportivo, evitamento di alcune persone, paura immotivata, silenzi prolungati, tristezza, sbalzi d’umore, aggressività o comportamenti regressivi devono essere considerati campanelli d’allarme. Anche un cambio repentino di atteggiamento verso lo sport (da entusiasmo a rifiuto) può indicare una situazione da indagare.

L’importanza di creare un clima di ascolto e fiducia

Il ruolo di allenatori, dirigenti e referenti safeguarding è quello di osservare, non giudicare e intervenire con competenza. I segnali non devono mai essere sottovalutati o giustificati frettolosamente. Serve attenzione, pazienza e una rete di ascolto ben strutturata.

Creare un ambiente in cui i giovani sentano di potersi fidare è una responsabilità collettiva: un atleta che sa di poter parlare senza essere deriso o punito sarà più propenso a chiedere aiuto. Per questo è fondamentale che ogni ASD o SSD abbia un protocollo chiaro per raccogliere segnalazioni e gestirle in modo professionale e umano.

Il ruolo delle famiglie e della comunità sportiva

I familiari sono spesso i primi a percepire il malessere. Tuttavia, senza strumenti e formazione, possono non comprendere il significato dei segnali. È importante che le società sportive offrano momenti di sensibilizzazione anche ai genitori, rendendoli parte attiva del sistema di protezione.

Coinvolgere tutta la comunità sportiva – dirigenti, tecnici, atleti, famiglie – significa rendere la tutela un valore condiviso e non una pratica riservata a pochi addetti ai lavori. Ogni persona può essere un punto di osservazione prezioso, ogni segnale raccolto può prevenire un danno grave.

Conclusione

Riconoscere i segnali di rischio non è semplice, ma è essenziale. Serve occhio attento, cuore sensibile e preparazione adeguata. La formazione sul safeguarding, il lavoro in rete, l’ascolto attivo e il coinvolgimento della comunità sono gli strumenti più efficaci per costruire ambienti sportivi sicuri.

Nessun bambino o bambina dovrebbe mai sentirsi in pericolo mentre pratica sport. Nessun disagio dovrebbe passare inosservato. Ogni sguardo abbassato, ogni voce spezzata, ogni assenza ingiustificata può nascondere una richiesta d’aiuto.

Facciamo in modo che il nostro sport non sia solo tecnica e risultato, ma anche cura, attenzione e rispetto per chi lo vive.

Dott. ssa Gloria Rossi

Consulente Pedagogico Familiare e Giuridico
Esperta in Safeguarding e Responsabile Contro Abusi, Violenze e Discriminazioni
Criminologa Esperta in Tutela Minori

Phone – 379. 2072241
Website – oltrelasperanza.blogspot.com

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